martedì 26 Novembre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

STRISCIA DI GAZA / Comincia il processo per genocidio contro Israele

La causa è stata presentata dal Sudafrica alla Corte penale internazionale dell’Aia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite (Onu), e sostiene che l’aggressione del governo di Netanyahu alla Striscia di Gaza stia violando la Convenzione sul genocidio del 1948.

Prima udienza della Corte internazionale di giustizia (Cig) dell’Aia sul caso presentato a fine dicembre dal Sudafrica contro Israele per presunte violazioni della Convenzione sul genocidio nel conflitto in corso nella Striscia di Gaza. Stando a quanto reso noto dalla Cig, l’udienza vede l’intervento del Sudafrica, seguito il giorno dopo, venerdì, da quello di Israele.

La denuncia sudafricana contro Israele si basa su due serie di prove: l’entità della devastazione a Gaza, compreso il gran numero di morti e l’enorme distruzione causata dai bombardamenti israeliani, e citazioni di funzionari israeliani che presumibilmente mostrano una politica di massacri contro i civili palestinesi. Gli esperti israeliani – scrive il Jerusalem Post – si aspettano un’assoluzione, ma avvertono che nulla è certo.

L’ accusa di 84 pagine presentata dal Sudafrica – prosegue il Jerusalem Post – è divisa in due parti. La prima parte è l’accusa secondo cui Israele sta portando avanti un genocidio voluto contro i palestinesi a Gaza. Le deliberazioni del tribunale su tale questione potrebbero richiedere diversi mesi o forse anche diversi anni.

Il Sudafrica chiede anche alla Corte una misura provvisoria e rapida, ordinando a Israele di interrompere immediatamente la sua campagna militare a Gaza. La seconda richiesta è indipendente dalla prima e potrebbe essere accolta nel giro di pochi giorni, sfidando il rifiuto finora mostrato da Israele alle richieste dell’amministrazione Biden di limitare le operazioni militari e i bombardamenti.

A guidare il team legale sudafricano è il professor John Dugard, che ha presieduto un comitato d’inchiesta della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite nel 2000 dopo lo scoppio della Seconda Intifada. Di fronte a lui ci sarà il professore di diritto britannico Malcolm Shaw, considerato un esperto di diritto internazionale, che ha fornito consulenza a diversi governi e organizzazioni internazionali su questioni relative ai diritti umani.Al collegio fisso di 15 giudici dell’ICJ si aggiungeranno altri due giudici, in rappresentanza di ciascuna delle parti.

“La nostra opposizione al massacro in corso della popolazione di Gaza ci ha spinto come paese a rivolgerci alla Corte internazionale di giustizia”, ha dichiarato ilpresidente sudafricano Cyril Ramaphosa, “come popolo che ha assaggiato i frutti amari dell’espropriazione, della discriminazione, del razzismo e della violenza sponsorizzata dallo Stato, siamo chiari sul fatto che staremo dalla parte giusta della storia”.

Ieri il portavoce del governo israeliano Eylon Levy ha dichiarato: “Lo Stato di Israele comparirà davanti alla Corte internazionale di giustizia per smentire l’assurda diffamazione di sangue del Sudafrica, mentre Pretoria dà copertura politica e legale al regime stupratore di Hamas. Il 7 ottobre Hamas ha commesso un atto di genocidio quando ha inviato squadroni della morte ad invadere Israele con la missione di bruciare, decapitare, torturare, mutilare, rapire e stuprare quanti più israeliani possibile, nel modo più brutale possibile. È stata una campagna di sterminio sistematico che hanno giurato di continuare… fino alla distruzione del nostro Paese”.

“Le accuse secondo cui Israele sta commettendo un genocidio sono infondate. In effetti, sono coloro che attaccano violentemente Israele che continuano a chiedere apertamente l’annientamento di Israele e lo sterminio di massa degli ebrei”, afferma in una nota il portavoce del Dipartimento di Stato americanoMatt Miller, ripreso dal Times of Israel.

L’amministrazione Biden, dunque, ribadisce la sua opposizione all’udienza della Corte internazionale di giustizia. “Il genocidio – prosegue Miller – è uno degli atti più atroci che qualsiasi entità o individuo possa commettere, e tali accuse dovrebbero essere formulate solo con la massima cautela”.

“Israele ha il diritto di difendersi dagli atti terroristici di Hamas – atti che Hamas ha promesso di ripetere ancora e ancora finché Israele non sarà completamente distrutto. Israele sta operando in un ambiente eccezionalmente difficile a Gaza, uno spazio di battaglia urbano in cui Hamas si inserisce e si nasconde intenzionalmente dietro i civili”, continua.

Pur ribadendo la sua condanna dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, Miller afferma che gli Stati Uniti si aspettano ancora che Israele “rispetti il diritto internazionale umanitario nelle sue operazioni contro Hamas”.

Sottolinea inoltre la sensazione diffusa a Washington secondo cui l’IDF non ha fatto abbastanza finora per proteggere i civili, invitando Israele a “cercare più modi per prevenire danni ai civili e a indagare su accuse credibili di violazioni del diritto internazionale umanitario quando si presentano”.

Miller sembra anche fare riferimento al dispiacere degli Stati Uniti per le richieste dei legislatori israeliani alla punizione collettiva e allo sfollamento di massa dei palestinesi, che hanno contribuito a costruire la causa del Sud Africa contro Israele. “Continuiamo a condannare la retorica disumanizzante da tutte le parti”, afferma il portavoce del Dipartimento di Stato.

Intanto fuori dalla sede della Corte penale internazionale a l’Aia sit-in pro-palestinesi e pro-Israele.

Il termine genocidio nasce dall’unione della parola greca γένος, razza o stirpe, con quella latina caedere, uccidere, ed è stato creato dopo la Seconda guerra mondiale dal giurista polacco di origine ebraica Raphael Lemkin. La sua campagna per il riconoscimento del genocidio come crimine nel diritto internazionale portò all’adozione della Convenzione Onu sul genocidio, nel dicembre del 1948, entrata in vigore il 12 gennaio 1951.

Il crimine di genocidio è definito dall’articolo due della Convenzione e comprende una serie di atti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale. Gli atti sono: l’uccisione di membri del gruppo, lesioni gravi all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo, la deliberata imposizione al gruppo di condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale, misure mirate a impedire nascite all’interno del gruppo, il trasferimento forzato di minori da un gruppo a un altro.

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