Il Natale si aggira per Milano con le sue luci, gli addobbi, il profumo del panettone e i pacchetti per dimostrare la generosità e il pensare agli altri, agli amici, alla famiglia, ai parenti. Diciamocelo, è una città triste Milano. Si comincia a palesare ogni anno, a Sant’Ambrogio, con la stucchevole prima della Scala, con parterre di divi, divette e mediocrità varie, che – immortalate da un’informazione che si aggira dove staziona il potere – nulla sa di lirica ma che deve mostrare al mondo e all’Italia di esistere, che vive nello sfarzo e, purtroppo , nei privilegi.

Natale arriva ogni anno e ogni anno la corsa al pacchettino, al regalo, fa da corona alle buone intenzioni e alle tradizioni, quest’ultime ormai relegate nei non luoghi dei centri commerciali o nei riti consumistici delle vie scintillanti dei negozi, simboli del fasto e dell’abbondanza.

E’ la città dei grattacieli, diventati un problema serio per il sindaco Sala, ma anche la città di chi non si volta mai a guardare i poveri tra i poveri, coloro che in silenziosa dignità smentiscono ogni giorno le statistiche e i report degli istituti specializzati costruiti a volge ad arte per sorreggere il potere.

Ogni anno i poveri aumentano in maniera esponenziale nelle lunghe file di disperati che aspettano il loro turno per il cibo al Pane Quotidiano. E’ una fetta di città che sfugge alla retorica dello sviluppo e della modernità, che non ha voce e non va in piazza, che subisce rassegnata quel che non va nel nostro Paese e che quasi mai viene mostrato.

L’associazione laica “Pane quotidiano” di viale Toscana ogni giorno accoglie cinquemila bisognosi che attendono in silenzio il loro turno per una razione di pane, pasta, olio. Negli ultimi mesi gli accessi nella sede di viale Monza sono aumentati. Aumentano ogni anno. Sono l’emblema dell’indifferenza e delle diseguaglianze. Clochard, anziani abbandonati, disoccupati, chi guadagna pochi euro all’ora e anche chi ha un lavoro ma non riesce a tirare avanti se non per pochi giorni.

Natale dovrebbe essere una festa che ispira uguaglianza e che reclama una vita dignitosa. Puntuale, la smentita della retorica appesa agli spot e agli slogan arriva anche dalla fila di quest’anno. La foto immortala una coda di un chilometro, 5.000 persone, nell’antivigilia di Natale davanti alla sede di Pane Quotidiano, con il gruppo di volontari che, rinunciando a un pezzo della loro quotidianità in famiglia o tra gli amici, si occupa con pazienza e calore umano di assicurare generi alimentari a chi ne ha davvero bisogno.

“La vera povertà è qui”, dicono i volontari della onlus che di prima mattina gestiscono l’enorme flusso di persone. “Non è un problema di disoccupazione: il vero problema è il potere di acquisto. Con 1.200 al mese a Milano non si vive” dice ai giornalisti Luigi Rossi, vicepresidente di Pane Quotidiano. “Questa è l’altra Milano, la Milano delle persone che non ce la fanno – ha aggiunto – noi negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento sensibile di queste persone. Abbiamo 5.000 passaggi al giorno e nell’arco di un anno arriviamo a più di un milione e mezzo”.

Questa Milano è una parte della metropoli che si contrappone, in maniera clamorosa e dolorosa, alla città degli avidi, dei fortunati, degli indifferenti, dei frettolosi e delle facce di bronzo che non provano alcuna vergogna a pretendere un affitto di 700-800 euro al mese da un lavoratore o da uno studente universitario per un “buco di 20 (venti)  metri quadrati.

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