venerdì 15 Novembre 2024

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TASSE / I giganti del web hanno trovato un paradiso fiscale: l’Europa

Venticinque grandi aziende del web e del software hanno risparmiato miliardi di euro ricorrendo a Paesi con tassazione agevolata e pagando le imposte su utili stratosferici in un regime di dumping fiscale. Lo rivela uno studio di Mediobanca. E’ noto, come indicato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che i principali Paradisi fiscali europei rispondano al nome di Olanda-Paesi Bassi, Irlanda e Lussemburgo, che fanno parte dell’Unione Europea. Il dumping fiscale provoca, oltre alla concorrenza sleale, un dumping salariale che danneggia non poco i lavoratori.

Nel periodo 2019-2022 la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Tencent, Microsoft e Alphabet un risparmio fiscale rispettivamente di 19,2 miliardi, 12,3 miliardi e 7,1 miliardi. L’approfondimento sull’Italia è stato sempre fatto da Mediobanca che ha preso in esame i dati dei primi nove mesi 2023 e del triennio 2019-2022 delle 25 maggiori aziende del web e del software internazionali per ricavi, di cui 11 hanno sede negli Stati Uniti, dieci in Cina, due in Germania e una ciascuno in Giappone e Corea del Sud.

Nel 2022 circa un terzo dell’utile ante imposte delle maggiori WebSoft mondiali è tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale di 13,6 miliardi nel 2022 e di 50,7 miliardi cumulati nei quattro anni 2019-2022. L’aliquota media risulta pari al 15,1% nel 2022, inferiore a quella teorica del 21,9%.

Le WebSoft presidiano l’Italia tramite società controllate, situate in gran parte al Nord, soprattutto Milano e provincia. Il fatturato aggregato delle filiali italiane ha raggiunto 9,3 miliardi di euro nel 2022, con circa 26.400 lavoratori. Rispetto al 2019 si evidenziano circa 11mila dipendenti in più, in massima parte assunti dal gruppo Amazon che vanta il maggior numero di occupati nel nostro Paese.

E il fisco italiano? Nel 2022 le filiali dei giganti del WebSoft hanno versato 162 milioni, per un tax rate effettivo del 28,3%. Considerando anche l’accantonamento per il pagamento della Digital Service Tax, il tax rate salirebbe al 36%.

Dal 1° gennaio 2024 dovrebbe diventare operativa in Italia la Global minimum tax che porterà ad applicare l’aliquota del 15% sugli utili realizzati dalle multinazionali con fatturato annuo superiore a 750 milioni in almeno due dei quattro esercizi precedenti.

L’imposta minima al 15 per cento arriva da lontano, rientra nella riforma fiscale globale voluta dai Paesi OCSE, e dopo un lungo iter si appresta ad assumere forma concreta su un piano locale. A livello globale l’imposta minima al 15 per cento viene introdotta per recuperare tassazione dalle multinazionali e mettere un freno al fenomeno del dumping fiscale: le maggiori entrate fiscali stimate a livello mondiale sono pari a 150 miliardi di dollari all’anno con la tassazione minima globale e si prevede una riassegnazione di oltre 125 miliardi di dollari di profitti al territorio in cui sono stati prodotti. Secondo le analisi, i vantaggi maggiori saranno per le economie dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche l’Italia, chiamata a dare forma concreta agli accordi internazionali, spera di poter recuperare risorse da utilizzare per coprire i costi della prossima Legge di Bilancio.

Un esempio utile per comprendere come funziona e quali effetti derivano dal dumping fiscale è il panorama tracciato sul fronte europeo da Roberto Rustichelli, presidente dellAutorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in una audizione alla Camera dei Deputati. “Paesi come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali nell’area Euro, che attuano pratiche fiscali aggressive che danneggiano le economie degli altri Stati membri e che, anche grazie a queste pratiche, registrano elevatissimi tassi di crescita”.

Con queste parole, Rustichelli forniva esempi concreti, evidenziando anche le conseguenze del dumping fiscale per l’Italia e per l’Europa: un danno dai 5 agli 8 miliardi di dollari ogni anno.“Alcune ricerche stimano che, a causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti: 11 miliardi di profitti vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e oltre 2 miliardi in Belgio”.

Ma le conseguenze negative si estendono oltre i singoli Stati. Dalle stime sui fenomeni di dumping, nei 20 anni precedenti, emergono minori entrate per circa 35-70 miliardi di euro all’anno per l’Unione Europea. Ma, ad esempio, si parla anche di dumping salariale per indicare lo sbilanciamento tra lo stipendio percepito da un lavoratore in base alle regole del mercato del lavoro estero, che lo svalutano, rispetto a quello a cui si avrebbe diritto con i parametri del paese di origine.

In linea generale, quindi, si tratta di pratiche di concorrenza sleale che assumono caratteristiche specifiche in base al contesto in cui si applicano. L’esistenza di sistemi di tassazione capaci di garantire, rispetto ad altri, un trattamento fortemente più vantaggioso crea una disparità tra gli Stati da diversi punti di vista, anche nell’attrarre investimenti esteri.

 

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