venerdì 25 Ottobre 2024

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

Crollo del Ponte Morandi, il manager dei Benetton sapeva e per anni è stato zitto

Il dio denaro che vince sempre e su tutti, oppure il profitto a ogni costo pena la defenestrazione dai gangli del potere, di qualsiasi natura esso sia? Che cosa si può dire di un capitalismo cieco, insensibile, pavido, senza spina dorsale per non dire senza una morale e un’etica che vengono pretese invece dai sottoposti, dagli ultimi, dai penultimi in quella scala gerarchica che il sistema ha introdotto da secoli a mo’ di muro tra la civiltà e il suo contrario, l’insensibilità?

Uno dei più importanti top manager dei Benetton, Gianni Mion, amministratore delegato della holding Edizione, ex consigliere d’amministrazione dell’Aspi e della sua controllante Atlantia, al processo in corso a Genova per il crollo del ponte Morandi, il 14 agosto del 2018, che uccise 43 persone, (foto Michele Ferraris, opera propria) ha fatto un’affermazione che tutti ora definiscono scioccante, ma che, se si aveva la pazienza e la voglia di seguire i vari passi dell’inchiesta o qualche servizio dei pochi giornali coraggiosi, alcuni stranamente distratti  sulla strage, ampiamente prevista, era scritta nelle cose e nelle varie testimonianze.

Questa la testimonianza del top manager:  “Otto anni prima del crollo – ha detto il braccio destro dei Benetton – durante una riunione cui erano presenti anche Gilberto Benetton e Castellucci emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo (ex direttore generale operazioni di Autostrade per l’Italia, ndr) mi risposte: “Ce la autocertifichiamo”. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva il ponte o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla ed è il mio grande rammarico”.

Capito? Solo un grande rammarico, un gradino un po’ sotto nella scala del dolore e del profondo pentimento dinanzi a 43 persone che in un giorno d’estate videro recise le loro esistenze. Alla riunione erano presenti l’Ad di Aspi, Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo il ricordo del manager, tecnici e dirigenti di Spea.

Dopo queste frasi, l’avvocato Giorgio Perroni, che difende l’ ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci, ha chiesto di sospendere l’esame di Gianni Mion e di indagarlo. Rigacci è indagato insieme ad altre 58 persone. L’esame di Mion è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata da Perroni di trasmettere gli atti alla Procura, in quanto avrebbe reso dichiarazioni auto-incriminanti.

In questo modo, però, la deposizione – dal valore fortemente incriminante nei confronti del vecchio management di Aspi – diventerebbe inutilizzabile, sostengono alcuni giuristi. Il collegio giudicante presieduto da Paolo Lepri si è riservato di decidere, lasciando proseguire l’esame.

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