Bocciato dall’Anticorruzione il nuovo codice degli appalti, ma è il progetto del Ponte di Messina a ricevere le critiche più forti: troppo sbilanciato in favore dei privati che trasferiscono al pubblico, cioè a noi contribuenti, gran parte dei rischi.
Il Presidente dell’Autorità Anticorruzione (Anac), Giuseppe Busia, ha affrontato nella relazione annuale i temi del Pnrr (“dev’essere rinegoziato”), l’eccessivo utilizzo di deroghe e soglie alte nel nuovo Codice degli appalti (“scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi”), i pericoli del subappalto a cascata, i freni dell’ingresso di donne e giovani nei progetti del Pnrr, la mancata introduzione nel Codice dell’obbligo di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa che esegue i lavori.
PONTE SULLO STRETTO. Troppo sbilanciato in favore dei privati (Webuild, ex Salini Impregilo, ndr) che trasferiscono al pubblico gran parte dei rischi. Busia ha ribadito: “Rileviamo uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi. Il recente decreto-legge, sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa, ha riavviato l’iter di realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria. Sono stati proposti, da parte dell’Anticorruzione, alcuni emendamenti volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal Governo in sede di conversione del decreto”.
Busia ha criticato anche l’anacronismo del decreto attuativo per la realizzazione del ponte, riportato a galla “sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa”. Anacronismo che risulta lampante anche dalla decisione del governo Meloni di nominare a capo della società Stretto di Messina, che gestirà l’opera, lo stesso amministratore delegato messo a guida della società nel 2002, Pietro Cucci, e che fino al 2013, anno delle sue dimissioni, non era riuscito a posare nemmeno un mattone del ponte.
PNRR. “Decisiva sarà la rinegoziazione di alcune misure”, ha detto Busia. “Non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei. Il Pnrr deve essere terreno condiviso, sottratto alla dialettica politica di corto respiro. Precondizione di tutto ciò è la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti”.
CODICE DEGLI APPALTI. “La deroga non può diventare regola. Nel tempo in cui, grazie all’impiego delle piattaforme di approvvigionamento digitale e all’uso di procedure automatizzate, è possibile ottenere rilevantissime semplificazioni e notevoli risparmi di tempo, accrescendo anche trasparenza e concorrenza, sorprende che per velocizzare le procedure si ricorra a scorciatoie certamente meno efficienti, e foriere di rischi. Tra queste, l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a cinque milioni di euro”.
Stazioni appaltanti. Forte il richiamo del presidente Anac alla qualificazione delle stazioni appaltanti, indispensabile per la modernizzazione dell’Italia e raggiungere standard europei. “Solo le amministrazioni in grado di utilizzare le più evolute tecnologie possono gestire le gare più complesse e procedure quali project financing e dialogo competitivo”. “Le potenzialità insite nella riforma sono state limitate innalzando a 500.000 euro la soglia oltre cui è obbligatoria la qualificazione per l’affidamento di lavori pubblici, con il risultato di escludere dal sistema di qualificazione quasi il 90% delle gare espletate”.
“Non possiamo più sostenere un’architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero. Si tratta di una necessità per assicurare procedure rapide, selezionare i migliori operatori e garantire maggiori risparmi”.
Subappalto a cascata. “Il nuovo Codice appalti – ha detto il presidente dell’Anticorruzione – ha eliminato il divieto del “subappalto a cascata”. Non possiamo dimenticare che tale istituto, per poter conservare una ragione economica, quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa si scarica o sulla minore qualità delle opere, o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato.
Il vero titolare nelle gare pubbliche. Busia ha rimarcato: “Purtroppo, si è persa l’occasione di introdurre nel Codice, nonostante i numerosi solleciti, l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa, rafforzandolo con adeguate sanzioni per l’omessa o la falsa dichiarazione. Gli enti pubblici devono conoscere i soggetti con cui intrattengono rapporti contrattuali, al di là degli schermi societari. Speriamo che il legislatore voglia presto colmare tale mancanza, in linea con quanto richiesto dalla normativa internazionale, anche in materia di antiriciclaggio”.
Lavoro di donne e giovani negli appalti Pnrr. Busia ha sottolineato: “Ci siamo impegnati per la migliore implementazione della disciplina sulla parità generazionale e di genere nei contratti pubblici, che mira a garantire migliori prospettive occupazionali alle donne e ai giovani in settori del mercato altrimenti difficilmente accessibili. Tuttavia, i dati confermano che quasi nel 60% degli appalti sopra i 40.000 euro e nel 44% di quelli sopra i 150.000 euro, le stazioni appaltanti non hanno inserito, nei bandi, le relative clausole”.