I toni trionfalistici che hanno accompagnato l’arresto di Matteo Messina Denaro e di qualche fiancheggiatore non sono convincenti.
Sembra, a sentire certi cantori della moderna informazione fatta di marchette o di silenzi a seconda delle circostanze, che la mafia abbia subito un colpo mortale, che sia ora costretta a sventolare bandiera bianca. Sembra che da oggi gli uomini d’onore – macché onore, sono soltanto volgari assassini – si ritraggano e lascino spazio allo Stato e alle sue virtù.
Nulla di più illusorio. Fino a che saremo costretti ad ascoltare e a registrare generici riferimenti a “borghesia collusa”, “borghesia mafiosa”, “colletti bianchi” oppure alla “massoneria deviata”, saremo sempre al punto di partenza, a qualche decennio fa. Nonostante il clamore per l’arresto eccellente, la liturgia è identica a quella del passato. Ci danno in pasto parole e congetture, un’overdose di congetture, definizioni onnicomprensive che alludono a tutto e al contrario di tutto. Mancano nomi, cognomi, fotografie, video e documenti. E relative nefandezze.
Che senso ha parlare di “borghesia mafiosa” come se fosse una classe sociale da registrare nelle statistiche e nei saggi sociologici senza accompagnarla con i relativi attori, ovvero di coloro che ne fanno parte e che rivestono ruoli di primo piano? Senza spiattellare i nomi dei protagonisti – capi o comprimari – resteremo sempre nel vago, avvolti nell’indeterminatezza, in una nuvola che sembra promettere pioggia, tempesta o diluvio, ma che li promette soltanto.
Giornali e tv stanno inondando l’opinione pubblica di ritrovamenti di covi, di bigliettini, di agende con nomi e numeri di telefono, o con a fianco l’indicazione di cifre. Si parla di movimenti di denaro, di appalti, di tante cose strane, mai che spunti un nome, chessò?. di un banchiere, di un politico, di un infedele servitore dello Stato, in altre parole qualche uomo delle istituzioni a libro paga. Oppure, tra le tante liste di cui si parla, il nome dei tanti massoni che aderiscono alle logge trapanesi spinti non certo per amore di ideali sbandierati come fossero nobili principi. In realtà, si rivelano un po’ più terra terra. Che senso ha, infatti, indossare grembiulini o manovrare compassi nell’assoluta segretezza o riservatezza in una democrazia che ha nella trasparenza uno dei suoi cardini?
Niente, niente di niente. Siamo pur sempre fermi, dinanzi a un esorbitante numero di covi, di fiancheggiatori, quasi un intero paese (Castelvetrano), e a stranissime ricette mediche e a una inondazione di interviste, ricordi e collegamenti, a nomi di secondo o terzo piano. Siamo così costretti a lasciar correre la fantasia o a immergerci nella sceneggiatura di un film scritta da noi. Ma la realtà è fatta di persone e di interessi concreti. Ecco perché non bisogna tralasciare neanche i numeri. Il boss – si dice – avrebbe accumulato un tesoro di miliardi di euro. Scusate, si riesce a farcelo vedere o a descrivercelo? oppure deve restare sempre nascosto nel forziere della nostra fantasia?
A mio avviso è imperante da tempo, e continua a riscuotere molto successo, una delle tante strategie della comunicazione o, per meglio definirla, della manipolazione attraverso i mass media. E’ una delle dieci elaborate e indicate da Noam Chomsky: la strategia della distrazione. Consiste nell’orientare la nostra attenzione verso argomenti di secondo piano, irrilevanti o banali. In pratica, per distrarci e mantenerci occupati veniamo sovraccaricati di informazioni, un continuo bombardamento attraverso la tecnica del diluvio.
Ma in questa tempesta mancano le risposte essenziali da cui discendono tante altre: se parlo di tesoro, vorrei conoscere di che cosa è fatto e, se possibile, vedere anche la mappa di dove è nascosto o sepolto; se parlo di borghesia mafiosa vorrei non ritenere sufficiente qualche nome di medico; se cito collusioni sarebbe gradito sapere chi copre chi, se leggo di logge deviate un elenco di nomi e professioni avrebbe la sua importanza.
Ecco perché sarebbe utile asciugare, in questi ore di trionfale entusiasmo per la mafia declinante, la tracimante informazione che non si è risparmiata nel far ricorso alle note di colore. Tutto già visto e metabolizzato. Serve, invece, un salto verso le cose che contano davvero e arrivare così al centro della questione mafiosa. Senza distrazioni.
Piero Di Antonio