lunedì 10 Marzo 2025

C'è una crepa in ogni cosa. E' da li' che entra la luce (Leonard Cohen)

SI IMPICCHERA’ DA SOLO (commento)

di Massimo Jauss *

Nel suo discorso di ieri sera alle Camere riunite in seduta congiunta il presidente Donald Trump ha parlato per circa due ore. Un record sia per la verbosità del suo discorso sia per le cose non vere raccontate a milioni di americani ai quali ha voluto esporre i successi per i grandi tagli fatti alla spesa pubblica, la sua mano pesante sull’immigrazione e la sua visione economica. Ha detto che lui, dopo George Washington, è il miglior presidente che il Paese ha avuto. Alla fine hanno applaudito solo i repubblicani.

Tutto da vedere ora se il presidente riuscirà a trasformare il caos iniziale da lui creato in una governance efficace. I suoi dazi rischiano di aumentare i prezzi per i consumatori e creare problemi per gli agricoltori – intanto quelli a Canada e Messico del 25% sono stati rimandati al mese prossimo. Non abbassare i prezzi delle uova e dei generi alimentari significherà rinnegare una delle promesse elettorali. Il discorso, pieno zeppo di false affermazioni (“milioni di centenari ricevono la Social Security”) e di ripetuti insulti ai Democratici, è stato ben recepito dai suoi sostenitori e universalmente respinto dai suoi oppositori.

Santo o diavolo? Ci sono due visioni di Trump in questa fase iniziale della sua presidenza. I lealisti lo vedono come un presidente che mantiene le sue promesse, forte della sua posizione sia in politica interna che in quella estera. Un leader capace, ostacolato dagli interessi occulti. Per gli oppositori, sta portando il Paese alla rovina. Un fanfarone populista che guarda solo ai propri interessi. “Si sta impiccando con le sue mani”, ha affermato su MSNBC il commentatore politico democratico James Carville, che ha invitato i democratici alla pazienza.

In politica interna, puntando sull’aiuto del miliardario Musk al quale ha affidato il Department of Government Efficiency, sta procedendo a licenziamenti di massa di dipendenti federali, congelando finanziamenti approvati e stanziati dal Congresso, smantellando il programma di aiuti all’estero. Ha inviato truppe al confine tra Stati Uniti e Messico. Ha imposto dazi ad alleati e nemici. All’estero, ha ripristinato le relazioni con la Russia, capovolgendo il rapporto con l’Ucraina allarmando i Paesi storicamente vicini agli USA.

Shock e stupore sono sempre stati gli ingredienti del presidente ai quali ha aggiunto, questa volta, il tentativo di ampliare significativamente il suo potere e per questo ha lanciato la sfida al Congresso bloccando i finanziamenti che erano già stati approvati. Ha negato l’indipendenza delle agenzie indipendenti, una provocazione che dovrà essere risolta dai tribunali, dove finora non ha avuto successo. Ha sfidato la burocrazia federale con tagli al personale e alla spesa (per il momento i “risparmi” sono solo sui licenziamenti perché degli abusi e delle improprietà per cui il DOGE è stato formato non ce ne è traccia sostanziale). Ha anche intimidito i media negando l’accesso alla Casa Bianca ad alcuni giornalisti e deriso il sistema legale che non è riuscito a processarlo. Il punto in cui è più vulnerabile, per ora, è l’economia. Deve la sua vittoria elettorale in parte alla sua promessa di bloccare l’inflazione e abbassare i prezzi. La decisione di imporre dazi al Canada, Messico e Cina e la minaccia di aliquote reciproche sugli alleati europei potrebbero sconquassare i suoi piani. La fiducia dei consumatori sta crollando. Il nervosismo degli investitori per i dazi ha sconvolto i mercati finanziari, che sono crollati bruscamente martedì quando sono state imposte le nuove tariffe. Governare a botte di ordini esecutivi ha dei limiti. Nelle prossime settimane, Trump sarà condizionato dalle decisioni del Congresso che già alla fine della prossima settimana potrebbe decidere per lo shutdown delle attività federali.

Mentre il Congresso è alle prese con le questioni fiscali e Musk continua i suoi licenziamenti nella burocrazia federale (oggi sono stati dimessi 90 mila dipendenti della Veterans Administration), Trump cerca di fare ciò che ha promesso molto casualmente durante la campagna, ovvero porre fine alla guerra in Ucraina nel giro di pochi giorni. Un successo diplomatico in questo senso gli darebbe quell’aura di pacificatore che potrebbe portargli il Nobel e la fama eterna. Ora però gli europei, il presidente francese Macron in particolare, si stanno proponendo per una soluzione alternativa che potrebbe fargli sfuggire di mano il trionfo.

Zelensky, dopo l’incontro-scontro con Trump alla Casa Bianca, alla vigilia delle Ceneri, ha iniziato a fare penitenza per rientrare nelle grazie del presidente. Non è chiaro se abbia scritto un post generale su X o, come afferma Trump, una lettera per ricucire la spaccatura nelle loro relazioni. “I negoziati tra Washington e Kiev sull’accordo per le terre rare sono in corso al momento – ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt durante una conferenza stampa –, in seguito a un messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Dopo aver ricevuto quella lettera, quei colloqui stanno avvenendo mentre parliamo”. Ha risposto così a una domanda su quando Trump intende firmare l’accordo sui minerali. Il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz “ci sta lavorando molto duramente”, ha aggiunto. “Credo che stesse andando nello Studio Ovale per dare al presidente un aggiornamento sulla situazione. Ma ancora una volta, il presidente è impegnato in un accordo di pace. Vuole vedere questa guerra finire”.

* The Voice of New York

Articoli correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

CATEGORIE ARTICOLI

Articoli recenti