Casablanca, regia di Michael Curtiz. Film girato nel 1942 – ma diffuso in Europa l’anno successivo, quindi 80 anni fa – con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman, Paul Henreid, Claude Rains, Peter Lorre. Ottenne 8 candidature e vinto 3 Premi Oscar. Il film è un autentico mito del cinema, uno dei massimi, superiore forse agli effettivi meriti.
Una voce fuori campo da notiziario cinematografico d’epoca, un mappamondo, una mappa che segna il percorso da Parigi a Marsiglia, e infine Casablanca. Da lì, dice la voce, chi riusciva partiva per Lisbona e quindi s’imbarcava per l’America,“la libera America”. Questo è l’inizio e l’antefatto storico (l’Europa devastata dal nazismo) costruiti in pochi fotogrammi.
Il set farà base per circa due terzi della durata del film nel Rick’s Café Americain, uno di quei microcosmi di avventurieri, fuorusciti antifascisti, ricchi profughi, poliziotti francesi con pochi scrupoli, piccoli scippatori, “segnorine” in cerca di polli da spennare di cui pullulava l’Europa dei fascismi e della guerra in quegli anni.
L’affascinante Rick, avventuriero newyorkese, gestisce un locale a Casablanca. Siamo nel 1941 e la città sulla costa atlantica africana è meta di spie, povera gente che vuole espatriare, eroi della resistenza, truffatori, trafficanti, giocatori di professione. Arriva al locale la bella Ilssa, insieme al marito Victor Lazlo, braccato dai nazisti. Rick aveva conosciuto la donna a Parigi un anno prima e fra i due c’era stata una breve, intensa storia d’amore.
Quando si ritrovano scocca di nuovo la scintilla. Rick è in possesso di due preziosi lasciapassare e progetta di partire con la donna. Ma alla fine, all’aeroporto, Bogart fa in modo che a partire (e salvarsi) al posto suo sia Victor, prezioso per la lotta contro il nazismo. “Noi due siamo niente in questa immensa tragedia”, dice alla Bergman piangente.
Zona franca, o quasi, nel Marocco protettorato francese, dove i nazisti arrivavano più da avventori nei locali alla moda che da dominatori, provavano ad intonare le loro marce di morte ma dovevano arrendersi al coro dei clienti che ribatteva a gran voce con la Marsigliese, dove il clima reazionario e filonazista del regime di Vichy si avvertiva annacquato, il Rick’s Café è il luogo in cui la straordinaria storia d’amore di Richard e Ilsa ritroverà la strada perduta un giorno, alla stazione di Parigi, dove lui, in fuga dai nazisti che marciano sulla città, aspetta la donna che non arriverà, e la pioggia cadrà sul biglietto sciogliendo l’inchiostro “Richard, I cannot go with you or ever see you again.You must no ask why…..”. (Richard, non posso venire con te né rivederti mai più. Non devi chiedermi perché…)
Il lungo flash back nella Parigi alla vigilia dell’occupazione ci dà la misura dell’amore fra i due protagonisti, prefigurando anche il loro destino di separazione, affidato a un treno allora, ad un aereo che vola in America alla fine. Rick ora è il proprietario del Cafè Americain a Casablanca, un Humphrey Bogart elegantissimo, smoking dal taglio impeccabile, sigaretta sempre accesa, sguardo di ghiaccio e battuta micidiale.
In questa realtà di frontiera, il nostro eroe vive in equilibrio col mondo che lo circonda, mentre un perfetto self control gli consente di arginare incursioni nel suo mistero, dove le ombre lunghe di un passato che gli ha meritato l’odio nazista sono accuratamente tenute nascoste dalla patina di dandy che si è costruita.
Ha un solo vero amico, ed è Sam, il pianista nero (la scena del “play it again, Sam“) che l’ha seguito da Parigi, portando le valigie e il messaggio di Ilsa, mentre la pioggia infradiciava l’impermeabile di Boogie. E’ lui che riconosce Ilsa, una Bergman bella in modo a dir poco leggendario, che entra nel locale vestita di bianco insieme a Victor Laszlo, nobile figura della resistenza cecoslovacca, il marito allora creduto morto e miracolosamente rientrato nella sua vita in quei giorni a Parigi, quando insieme esplode e dovrà essere sacrificato l’amore per Rick.
Il film fu girato mentre la Seconda Guerra Mondiale devastava l’Europa ed era arrivata a coinvolgere anche gli Stati Uniti. La produzione ebbe molti problemi nel reperire i materiali per i set, vedendosi costretta a riciclare la gran parte delle scenografie da precedenti lavori. Una delle poche location costruite appositamente fu quella del Rick’s Café.
La guerra influenzò anche la sua uscita in sala. Il debutto di “Casablanca” fu anticipato di diversi mesi al 26 novembre 1942 per far coincidere la proiezione con l’ingresso degli Alleati in Nord Africa. La distribuzione internazionale fu invece fissata per il 23 gennaio 1943, giorno dell’incontro tra Winston Churchill e Franklin D. Roosevelt alla Conferenza di Casablanca.
Humphrey Bogart e Ingrid Bergman formano una coppia iconica sul grande schermo, ma sul set ci fu un dettaglio da correggere. Bergman era infatti diversi centimetri più alta della sua controparte maschile, che fu costretto a utilizzare cuscini per ripristinare la tradizionale proporzione tra interpreti.
Il materiale originale sul quale si basa “Casablanca” avrebbe ritratto Rick e Ilsa che partono insieme verso l’America, ma l’Hays Code (il codice di controllo e censura che decretava cosa fosse mostrabile nei film di Hollywood) non avrebbe mai permesso che i protagonisti la facessero franca con l’adulterio. Il finale fu quindi adattato alle necessità dei censori. “Noi due siamo niente in questa immensa tragedia”, dice Bogart alla Bergman piangente. Lei parte con il marito, lui resta per sempre a Casablanca.