In Iran arresti e tensione ai funerali di Armita Garavand, l’ultima giovanissima vittima del fanatismo religioso, sepolta a Teheran per ordine degli ayatollah. La studentessa del Conservatorio, 17 anni, originaria del Kurdistan iraniano, stessa zona di origine di Mahsa Amini, è morta ieri dopo 28 giorni di coma a causa di un trauma cranico dopo un diverbio con la polizia morale perché non indossava il velo.
La ragazza è stata aggredita dalla polizia mentre – senza indossare il velo obbligatorio – si recava a scuola nella metropolitana della capitale. Notizie della sua morte erano trapelate dai social già un paio di giorni dopo l’aggressione, ma senza ufficialità. Il video di lei che, con un taglio corto sbarazzino, entra nella metropolitana della capitale e ne esce priva di sensi trascinata fuori dal vagone da alcune compagne aveva fatto il giro del mondo. Testimoni hanno parlato di un forte diverbio con una guardia velata che l’avrebbe spinta con forza provocandole un grave trauma cranico. Ma nel video non c’è traccia dell’alterco.
La sua storia è apparsa subito simile a quella di Mahsa Amini la studentessa, anche lei morta oltre un anno fa, dopo essere stata fermata dalla polizia per un velo messo male. La sua morte fu la miccia che incendiò una massiccia protesta antigovernativa in tutto il Paese a guida sciita. Da allora sono molte le iraniane che sfidano l’uso obbligatorio del velo islamico, mostrando i capelli per le strade.
Armita non è morta, è stata uccisa” grida la folla che ha partecipato ai suoi funerali al cimitero di Behesht Zahra, presidiati dalle forze di sicurezza e da agenti in borghese, gli stessi che hanno vegliato sul suo letto di ospedale impedendo a tutti di avvicinarla. Per il governo Armita, come Mahsa, è svenuta a causa di un calo di pressione e cadendo ha battuto la testa.
A nulla è valsa la richiesta dei genitori di seppellire l’adolescente a Kermanshah, la sua città natale situata nella provincia del Lorestan nel Nord-Est della Repubblica islamica, regione del Kurdistan iraniano a maggioranza curda. La stessa zona di provenienza di Jina (il nome curdo di Mahsa) Amini anche lei curdo-iraniana, tra le minoranze etniche sgradite al regime degli ayatollah. (In collaborazione con RaiNews)