Donald Trump ha annunciato l’introduzione di una nuova tariffa del 25% su tutte le automobili e i camion prodotti fuori dagli Stati Uniti, in una mossa che potrebbe ridisegnare drasticamente il mercato dell’auto globale e scatenare nuove tensioni commerciali. Le nuove tariffe, è ufficiale entreranno in vigore il 2 aprile e si applicheranno anche ai marchi americani che producono i loro veicoli all’estero. La misura, ha spiegato Trump in una dichiarazione dall’Ufficio Ovale, ha l’obiettivo di riportare la produzione automobilistica sul suolo statunitense e stimolare nuovi investimenti industriali.
“È molto emozionante”, ha detto il presidente. “Firmo un ordine esecutivo che porterà una crescita enorme nella nostra industria automobilistica”. Ma l’entusiasmo della Casa Bianca si scontra con le preoccupazioni degli analisti e dell’industria: l’aumento dei costi, l’impatto sulle catene di fornitura e le probabili ritorsioni da parte dei partner commerciali rischiano di colpire duramente consumatori e produttori. Secondo le stime, quasi la metà dei veicoli venduti negli Stati Uniti è importata, e l’aumento dei dazi potrebbe far lievitare il prezzo di un’auto nuova anche di 10.000 dollari.
Stellantis ha annunciato di voler tornare a investire negli Stati Uniti riaprendo lo stabilimento di Belvidere (Illinois) e aumentando la produzione a Detroit e in Indiana. Dietro le quinte, però, Stellantis – scrive su Open Gianluca Brambilla – lavora giorno e notte per convincere Washington a fare marcia indietro. D’altronde, fa notare il Cfo di Stellantis, le auto assemblate in Canada e in Messico contengono molti componenti realizzati negli Stati Uniti. Un requisito che è stato introdotto proprio da Trump, durante la sua prima presidenza, con l’accordo Usmca siglato nel 2018. Qual è dunque il piano di Stellantis? Evitare i dazi sulle auto assemblate in Canada e in Messico e convincere la Casa Bianca ad approvare tariffe solo per i veicoli importati da oltreoceano (e, soprattutto, da altre case automobilistiche rivali). Ci sono quattro milioni di veicoli che provengono da luoghi come la Corea, il Giappone e la Germania, che spesso hanno un contenuto statunitense minimo o nullo.
Gli Usa incasseranno “tra i 600 milioni e un trilione di dollari in due anni”. Non è chiaro se i pezzi di ricambio per le auto saranno esclusi dai dazi. Trump si è limitato a dire: “Queste tariffe si aggiungeranno a quelle esistenti già in vigore”. Inoltre, “chi acquisterà con un finanziamento un’auto prodotta in America potrà dedurre gli interessi dalla dichiarazione dei redditi”. I dazi del 25% sulle auto saranno “permanenti”. “Sicuro al 100%, saranno permanenti”, ha sottolineato Trump. E a proposito del calo dei mercati che ha preceduto il suo annuncio sui dazi, si è limitato a dire: “Se la caveranno”.
Trump ha aggiunto che gli Stati Uniti applicheranno dazi anche sui prodotti farmaceutici e sul legname d’importazione. La Casa Bianca ha già avviato un’indagine commerciale sul legname, mentre non lo ha ancora fatto per i prodotti farmaceutici. L’anticipazione nel corso della giornata aveva fatto chiudere Wall Street in rosso. A dare la notizia prima dello stesso Trump era stata Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, nel corso di una conferenza stampa. L’indice Dow Jones ha perso lo 0,3% a 42.454,79 punti, mentre l’indice S&P è sceso dell’1,1% a 5.712,20. Tonfo del Nasdaq, giù del 2% a 17.899,01 punti. Crollano anche i titoli delle case automobilistiche statunitensi, con Tesla di Elon Musk che chiude in ribasso del 5,6%, General Motors che perde il 3,1% e Toyota quasi il 2%, mentre Ford parte male ma recupera e chiude in rialzo dello 0,1%.
Il dipartimento della sanità statunitense ha annullato più di 12 miliardi di dollari in sovvenzioni federali agli Stati che servivano a monitorare le malattie infettive, i servizi di salute mentale, il trattamento delle dipendenze e altri urgenti problemi di salute. Lo scrive il New York Times. Sempre per il quotidiano statunitense, è probabile che i tagli ostacolino ulteriormente i dipartimenti sanitari statali, che scontano già carenze finanziarie e devono affrontare una serie di emergenze per quanto riguarda le malattie croniche, infezioni in ripresa come la sifilide e l’influenza aviaria in aumento.