E’ cominciata allo scoccare della mezzanotte (le 6 del mattino in Italia) sulla costa Est degli Stati Uniti la nuova ondata di dazi reciproci annunciata la settimana scorsa da Donald Trump. Una valanga di tariffe che colpisce centinaia di Paesi, ma ha un bersaglio principale: la Cina. A Pechino verranno imposti dazi del 104% sul valore delle merci esportate verso gli Stati Uniti. Una dichiarazione di guerra commerciale più che un’azione tattica.
Trump, per dare la misura del livello di scontro, in un comizio tenuto al National Republican Congressional Committee, ha sbeffeggiato i Paesi che hanno tentato un approccio diplomatico con Washington: “Questi Paesi ci stanno chiamando, baciandomi il culo. Muoiono dalla voglia di fare un accordo”. Meloni andrà a Washington il 17 aprile, di persona.
Le Borse asiatiche come prevedibile hanno reagito male. Dopo un temporaneo rimbalzo, Tokyo ha chiuso con il Nikkei 225 in calo del 4,3%, mentre Taiwan ha visto il Taiex crollare del 6,2%. I mercati, già instabili, ora ballano sulle sabbie mobili della politica protezionista americana.
Nel frattempo l’Europa si prepara al contrattacco, ma con calma. A Bruxelles, il Consiglio dell’Unione Europea approverà oggi un pacchetto di dazi di ritorsione contro gli Stati Uniti, in risposta alle tariffe su acciaio e alluminio entrate in vigore il 12 marzo. Si parla di contromisure per un valore complessivo di circa 12 miliardi di euro stimati. Ma per reagire alla nuova ondata di dazi “reciproci”, servirà più tempo: la burocrazia UE non è nota per la sua velocità.