Utili stratosferici per le banche italiane sia nel 2022, sia nel primo trimestre di quest’anno. Miliardi di euro – finiti nei loro caveau senza grande dispendio di energia e talenti – guadagnati in massima parte mettendo le mani nelle tasche di chi, con il frutto del lavoro, le tiene in piedi. Sono bastati alcuni ritocchi all’insù dei tassi d’interesse e, oplà, il gioco è fatto. Senza trucco e senza inganno, come dicevano i maghi e gli imbonitori.
Domanda: a che serviva, secondo voi, un banchiere ex presidente della Bce alla presidenza del Consiglio? A sostenere forse gli studenti nel pagare affitti al limite dell’usura? oppure ad acquistare una tenda canadese e farli dormire davanti all’università? O a pagare milioni di euro in scandalosi stipendi e bonus a qualche top manager? O a ridurre le diseguaglianze, altrettanto scandalose, tra chi ha tanto e chi ha poco?
Dicono che la politica economica della premier sia suggerita dal banchiere che l’ha preceduta. Non lo so. So per certo però che solo gli ingenui possono credere che la politica sia tutta nelle mani di chi viene eletto. Sono i gruppi di interesse, i circoli ben appostati nei punti nevralgici del sottobosco, le lobby, gli appetiti dei privilegiati a dettare le regole principali. E molti eseguono, fingendo di essere persone libere e poco avvezze al compromesso e all’ubbidienza.
Perché affermo ciò? A mio avviso, una premier, divenuta tale in nome della novità e del promesso cambio di passo, può dirsi libera soltanto se al posto di decreti alquanto discutibili e inoffensivi ne firmi uno che tassi gli enormi profitti delle banche. E visto che c’è, aggiunga anche quelli delle case farmaceutiche, delle assicurazioni, dei colossi dell’energia. Il decreto lo chiamerei “Quattro piccioni con una fava”. (Pda)