Fare giornalismo non è la stessa cosa che fare auto. In questo secondo caso ci sono sì progettisti, ingegneri, robot e catene di montaggio, ma manca qualcosa se si vuole competere nel difficile mondo dell’editoria. Nel giornalismo occorre anche una certa sensibilità, un talento fuori dal comune.
Un conto è avere a disposizione un foglio aziendale con alcune prerogative garantite dal padrone, un altro immergersi nel mercato dell’opinione pubblica. Ci risiamo, comunque. Gli squilli di tromba che avevano accolto la più grande e oggi irrisolta concentrazione di media in Italia sono diventati dei mesti annunci di ritirata. Dal mercato.
Il Gruppo Gedi, ex Fiat, ex tutto in Italia, cede un altro pezzo del suo impero e smantella (non sa fare altro) lla corazzata editoriale voluta da Carlo Caracciolo. Un accordo preliminare è stato firmato con il Gruppo Athesis (Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi) per la vendita della Gazzetta di Mantova (il giornale più antico d’Italia, forse d’Europa), con relativa attività digitale e di raccolta pubblicitaria. Si prevede che il perfezionamento della cessione possa avvenire entro il novembre 2023.
Il Comitato di Redazione della Gazzetta di Mantova afferma che la cessione “rappresenta un momento cruciale per il futuro del nostro giornale e, di conseguenza, per il lavoro dei giornalisti e di tutto il personale che quotidianamente contribuisce a garantire la qualità editoriale di questa testata, la più antica d’Italia. Invitiamo tutte le parti coinvolte nella trattativa, Gedi e Athesis, a tenere in adeguata considerazione l’importanza di tutelare l’occupazione, il patrimonio editoriale e il valore dei professionisti che operano nella redazione della Gazzetta di Mantova”.
“Siamo consapevoli che questo periodo di transizione potrebbe presentare sfide, ma siamo fiduciosi che, lavorando insieme a un gruppo editoriale serio, consolidato e forte di una grande esperienza locale prossima alla nostra realtà, si possa raggiungere una soluzione equa ed equilibrata che salvaguardi il lavoro, i valori e il patrimonio centenario della nostra testata. E, soprattutto, si possano gettare le basi per un futuro in cui la Gazzetta di Mantova sia ancora centrale nella vita della comunità che informa ininterrottamente dal 1664”.
Il Gruppo Gedi è stato acquisito dalla Exor di John Elkann alla fine del 2019. Nell’ottobre 2020 il gruppo ha annunciato l’accordo per la cessione delle testate locali Il Tirreno, La Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio e la Nuova Ferrara al Gruppo Sae, rappresentato dall’imprenditore abruzzese Alberto Leonardis. Nel dicembre 2020, Gedi ha annunciato la cessazione della pubblicazione della rivista bimestrale Micromega. Nel novembre 2021 viene ceduta a Sae anche La Nuova Sardegna.
Nel marzo 2022 Gedi cede il settimanale L’Espresso a Bfc Media, che fa capo all’imprenditore campano Danilo Iervolino, già titolare dell’Università telematica Pegaso. Sono in vendita a una cordata guidata da Banca Finint Il Messaggero Veneto, Il Piccolo di Trieste, Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, La Nuova Venezia e Mestre, Il Corriere delle Alpi.
Restano ora nel gruppo la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, La Provincia Pavese, la Sentinella del Canavese, Radio Capital, Huffington Post e Limes. Un po’ poco se confrontato con le ambizioni di qualche anno fa. O forse era proprio questo che gli uomini di John Elkann volevano fin dall’inizio di un’avventura disastrosa.
Ma qual è l’obbiettivo della cordata del Nord-Est? Ce lo spiega Alberto Ferrigolo in un articolo su Professione Reporter (professionereporter.eu).
— Perché un medio imprenditore della Marca trevigiana si spinge ad investire nella carta stampata? Con quali intenti? Interessi sul Veneto e la sua economia? Interessi a breve, medio o lungo termine? Oppure, interessi direttamente politici e per orientare e influenzare l’opinione pubblica?
Sono le domande che circolano dopo l’accordo preliminare per la cessione delle sei testate locali del Veneto del Gruppo Gedi (ex Caracciolo, ex Gruppo L’Espresso). Corriere delle Alpi, Il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia e Mestre, La Tribuna di Treviso, Nord Est Economia, Messaggero Veneto e Il Piccolo di Trieste) sono passati dalle mani di John Elkann a quelle di una cordata di imprenditori del Nord Est, la Nem (Nord Est Multimedia), capitanata da Enrico Marchi, il presidente del gruppo Banca Finint, controllato da Finanziaria Internazionale Holding, con base a Conegliano Veneto, e anche della Save, la società che gestisce e guida l’aeroporto veneziano di Tessera. Il perfezionamento della cessione è previsto per l’ottobre 2023.
Marchi è uno dei protagonisti dell’economia e della finanza del Nord-Est. E da tempo si parlava del suo interesse -come “signore” della Marca trevigiana- per le testate di Gedi, impegnato in un crescente disinteresse e disinvestimento verso i giornali locali del gruppo, che controlla la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, Limes, la società di pubblicità Manzoni e uno dei principali poli radiofonici nazionali con Radio Capital, Radio Deejay, Radio m2o, le Guide di Repubblica. Elkann controlla anche, tramite Exor, il prestigioso settimanale inglese The Economist.
Ma mentre Elkann si disfa pezzo dopo pezzo delle testate locali, cosa motiva Marchi a puntare sul settore, in un’avventura con elevate probabilità d’insuccesso economico?”? Ad alcune delle questioni aperte da questa vendita cerca di dare una risposta Ytali, “la rivista plurale online” di carattere internazionale, con cuore pulsante a Venezia, diretta da Guido Moltedo, ex notista politico del manifesto, trasferitosi in laguna dopo aver diretto la comunicazione del Comune di Venezia con il sindaco Paolo Costa, dal 2000 al 2005.
Secondo Ytali, Marchi è da tempo sulle cronache locali e nell’informazione economico-finanziaria, da quando Save “si è trasformata in un gruppo di servizi ai passeggeri nelle infrastrutture di mobilità”, facendo così diventare il Marco Polo uno dei tre aeroporti intercontinentali italiani, con piani di ulteriore sviluppo, “che sono fonte di tensione e conflitti, non solo con il mondo ambientalista e con i sostenitori del comune buon senso, ma anche con circoli politici che, per ragioni di posizionamento e di potere, contrastano i disegni di Marchi”.
Quali circoli? Tra questi, la rivista online indica il sindaco della città lagunare, capoluogo del Veneto, Luigi Brugnaro, nei confronti del quale sono volate “parole molto dure” da parte dello Marchi. Tipo queste: “Non capisco come il sindaco di una città importante come Venezia possa dire così tante sciocchezze in così poche righe. Ci sono due possibilità: o è disinformato oppure è in malafede”. Parole che non riecheggiano neppure nelle sedute più contrastate del Consiglio comunale con affaccio sul Canal Grande.
Al centro del contrasto tra Marchi e il primo cittadino sarebbero gli effetti, giudicati negativi da Marchi, dell’aumento della tassa d’imbarco al Marco Polo (2,5 euro a passeggero), che ha portato Ryanair a ridurre la propria attività allo scalo di Tessera. Un provvedimento a cui avrebbero fatto seguito, stando a Ytali, “confuse obiezioni, volte a minimizzare la misura decisa, da parte del primo cittadino contro la compagnia aerea” low cost, e di riflesso “contro Marchi”, patron di Save, la società di gestione dell’aeroporto di Venezia.
La rivista si chiede se sia “solo un episodio eclatante”, oppure “l’inizio di un conflitto che ha come posta in palio la successione a Brugnaro”? Per altro, proprio nello stesso periodo, ci saranno anche le elezioni in Regione, con il leghista Luca Zaia che ne lascerà la guida.
Pertanto sembra a molti evidente che “l’operazione di Marchi” vada inquadrata “in uno scenario politico in movimento, in cui sembra disegnarsi un inedito paesaggio regionale e cittadino, molto diverso da quello attuale”.
Accanto a Enrico Marchi nell’operazione sui giornali ci sono tutti i princpali imprenditori del Veneto: da Alessandro Banzato (Acciaierie venete) a Giampietro Benedetti (Danieli) passando per Enrico Carraro (Carraro Group), Angelo Mandato (Bioman), famiglia Nalini (Carel Group), VideoMedia (Confindustria Vicenza), famiglia Canella (supermercati Alì), Federico De Stefani (Sit), Alberto Zanatta (Tecnica Group), famiglia Cattaruzza (Ocean Group), famiglia Samer (Samer Group).
Tuttavia, quello dell’industria è un mestiere, quello dell’editoria un altro ancora. Con caratteristiche, particolarità e sensibilità assai differenti. Anche perché non sono più gli anni d’oro in cui i giornali tra introiti pubblicitari, copie vendute, gadget vari macinavano profitti. I quotidiani sono passati dai 6 milioni e 800 mila copie quotidiane vendute nel 1992, massimo storico, a 1,57 milioni nel primo semestre del 2022, secondo i dati forniti dall’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Secondo Ytali, dunque, Marchi e i suoi compagni d’avventura “non intendono fare da spettatori, ma far pesare fin da adesso i loro interessi, da tutelare e da espandere, su chi si candiderà alla guida del Veneto e alla guida di Venezia, a partire dal progetto di espansione dell’aereoporto veneziano e del Bosco dello Sport”.
Le testate rilevate, ad ogni modo, hanno perso smalto, sono affaticate, specie dopo la pandemia, con organici ridotti all’osso e sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Il rilancio sembra un’impresa. Ci riusciranno Marchi e il suo gruppo di imprenditori veneti? Meglio, sarà Marchi “un editore migliore”, più avveduto di Gedi? Pronto a investire e non solo a tagliare?
Ma soprattutto, lo scontro di potere che si prospetta, varrà alla fine la candela? Consulente strategico di Marchi sarà Paolo Possamai, giornalista economico con lunga esperienza come direttore dei quotidiani veneti. Amministratore delegato dovrebbe essere Giuseppe Cerbone, ex ad del Gruppo Sole 24 Ore, e dell’Ansa, impegnato come consulente nella complessa due diligence che ha anticipato l’accordo.— (Alberto Ferrigolo)